lunedì 23 febbraio 2009

Di eventi storici, solenni scorpacciate, giochi di società e dottori democratici

Nell'ultima settimana sono successi fatti di rilevanza storica, ma l'assenza del mio medium dalla mente semplice mi ha costretto al silenzio. Era in viaggio per l'Europa e come al solito ci è rimasto più a lungo del dovuto. Il fatto è che l'aria italiana da un po' di tempo non gli fa bene. Essa soffia con correnti troppo pessimiste per uno spirito libertino come il suo. Qui si parla sempre di crisi e di disoccupazione; la gente si ritrova aggressiva e senza lavoro. Per fortuna Bobo, il fido cucciolo di gattomammone, ha avuto una delle sue trovate geniali, lanciando il nuovo gioco nazionale delle "ronde". Già poche ore dopo l'apertura delle iscrizioni centinaia di cittadini depressi dalla crisi si erano fatti avanti, certi di trovare al contempo un modo divertente di sfogare la propria aggressività e un lavoro nuovo, utile e socialmente rispettato. Quella ludica è un'opzione della politica del lavoro già sperimentata con successo da quel volpone di Saddam Hussein nel 1990, quando migliaia di soldati disoccupati al ritorno dal fronte iraniano furono prontamente reindirizzati verso un nuovo campo di gioco in Kuwait. Siccome i nostri sono un po' più autarchici di Saddam, a un war game d'esportazione hanno preferito la più familiare variante della guerriglia urbana.

Ma sto divagando. Dicevo che la scorsa settimana sono accaduti fatti storici. Il più importante è stato senza dubbio la memorabile mangiata che mi sono fatto la sera di martedì 17 febbraio, propiziata dalla combinazione astrale di due eventi contingenti. Il primo è stato l'affermazione del mio coinquilino nelle elezioni regionali di Sardegna, cosa che lo entusiasmò al punto da convincerlo a festeggiare con un agape favoloso a base di specialità dell'isola, in cui fra tutte le pietanze troneggiarono dei fenomenali porcetti arrosto. Era carne tenerissima, insaporita da un'eterea e diffusa essenza di grasso che la rendeva succulenta nella sua leggerezza; un sogno, una poesia da far desiderare nuove elezioni in Sardegna ogni mese. Io già avevo affondato il mio muso nei fumi della scodella quando una telefonata improvvisa interruppe la cena degli umani prima che potessero iniziarla. Era un amico del PD che annunciava al mio coinquilino il secondo, decisivo evento di quella serata indimenticabile: le dimissioni di Veltroni.

CesareAscoltai la conversazione che ne seguì con un orecchio solo, mentre tutti gli altri sensi erano rapiti dal mistico porcetto, senza presagire ciò che di lì a poco sarebbe successo. La prima reazione del mio amico fu di gioia: si confermavano i sospetti sui nuovi orientamenti amorosi dell'instancabile stalker dialogatore, e si rafforzava la speranza che la persecuzione fosse finita. Nell'ultimo post avevo dato conto del fatto che Walter si fosse inacidito nei confronti del mio compagno e che avesse pure smesso di gironzolare sotto casa nostra e di cercarci al telefono. Inoltre alcuni gatti avevano rivelato di essersi casualmente imbattuti in Cesare, il gatto di Veltroni scomparso mesi fa senza lasciare traccia, in un forum dell'associazione felini anonimi dedicato all'assistenza di coinquilini umani con disagi psicologici. Nonostante il camuffamento adottato per Cesare camuffatol'occasione, Cesare era stato scoperto nell'atto di raccogliere consulenze da gatti Junghiani sull'attrazione feticistica di cui è caduto vittima il suo compagno per un'immagine, con la quale da giorni tenta invano di avviare un dialogo.

Ma proprio mentre il mio balio si rallegrava, Telesina sbiancò in volto e si battè una mano in fronte. "No! No! No!" urlò questo signore solitamente pacato. Tutti si girarono a guardarlo. Al tavolo c'erano gli amici di sempre: Cicchitto e Publio Fiori, legati al mio compagno da uno scanzonato passato di gioventù, e Dell'Utri e Schifani, per il mio coinquilino una vera e propria famiglia allargata. Gli sguardi interrogativi imploravano il saggio Telesina per una spiegazione. Costui si ricompose; con soave maniera disgiunse la mano dalla fronte e la nascose sotto il tavolo. Poi, con altrettanta morbidezza volse la testa in direzione del telefono, che proprio in quel momento squillò. "Eccovi la risposta", pronunciò con la ieraticità di un oracolo. Intanto il mio palato stava dando l'addio all'ultimo boccone di porcetto.

"Pronto?", rispose il mio amico. "Ah, dottore... è lei... ah sì... ecco no, siamo qui... stiamo festeggian... sì, no, sì, certamente... abbiamo sentito, sì... Velt... dunque, qui ci sono i nostri amici... sì, gli amici amici... va bene, attivo subito il viva voce". Il mio compagno, deglutendo, disse: "È il dottore". Gli sguardi precipitarono a terra. "Forse è meglio che ci accomodiamo di là". La frase giunse alle mie orecchie come musica. Sul tavolo, intatta carne di porcetto fremeva di gustosità. In un attimo la sala da pranzo si svuotò: era tutta mia. Iniziò lì, mentre dal salotto accanto rimbalzava la voce del dottore, un'avventura di sapore senza eguali. Dal mio cuore, un angolo di riconoscenza volò al popolo sardo, a stalking Walter e al dottore.

Mentre si consumava la storica abbuffata, il dottore rispiegava per la centesima volta le regole base di un gioco molto importante, che il mio coinquilino e tutto il suo clan prendono molto sul serio. Il gioco, che si chiama "The Democratic Rebirth Game", è una competizione, pensata per una squadra di governo italiano, che consiste nel realizzare il maggior numero di prove prescritte da un regolamento. Il "dottore" è l'arbitro del gioco, che giudica i progressi della squadra e le conferisce o le sottrae punti a seconda del numero delle prove superate e fallite. Il dottore può anche intervenire direttamente per aiutare una squadra in difficoltà, in caso che una prova importante abbia cattivo esito. E così fu quella sera. Forse a qualcuno amante di complessi giochi di società può interessare conoscere qualche dettaglio. Riporto allora sotto la telefonata fra il dottore e il mio amico dato che, come detto l'ultima volta, non c'è speranza che si possa leggere sui giornali.


"Che mminghia shta succedendo, me lo volete spiegaje, ah?"
"Dottore... si riferisce forse a... l'amico Veltroni..."
"Che mminghia ji facishte a chistu povejo Velcioni, eh? Ma alloja non avete capito una bella mminghia!"
"Ehr..."
"Andate subbito a prendeje illo jegolamento, che mmi sto ingazzando!"
"Un momento... ecco... sì, ci siamo, abbiamo il regolamento davanti agli occhi."
"Andate al capitolo pjocedimenti"
"...come... pioge..."
"Che? Po culo mi pjendi?"
"Ah no, ecco, qui gli amici prontamente mi segnalano il capitolo: PROCEDIMENTI, certo, eccolo qui. Bel capitolo, davvero molto bello e scritto anche molto bene."
"Shtai zitto e leggi. Leggi il punto 1d e cialascia le parendesi."
"Dov... ah è questo? Va bene... ehm ehm. Dunque: in caso di risposta negativa usare gli strumenti finanziari stessi per l'immediata nascita di due movimenti: l'uno, sulla sinistra, e l'altro sulla destra."
"Lo vedi che c'è shcritto? Due movimenti. Non uno solo, due! Allora, la vogliamo la demograzia in chistu Paesi o no? La volgiamo daje chista demograzia au popolu o vogliamo faje tutto da soli? Lo sai come finiscono quelli che tutto da soli vogliono faje? Ti dice qualcosa piazzale Lojeto?"
"Sì certo dottore è un piazzale di Milano, ma... io cosa posso fare... non... gli Italiani scelgono liberamente... mi amano..."
"Libejamende un corno! Mo' ci shtai scassando con tutte ste televisioni che ttieni solo pettìa. Devi garantije la sopravvivenza dell'alcio pajtito, lo capiscisti? Sennò mica demograzia è. È dittatuja, e la dittatuja non dura!"
"La ditta... mia?"
"Mminghia. Chistu proprio scimunito è. Marcelluzzo, Gianninu, che state lì?"
"Sì dottore, l'ascoltiamo."
"Glielo spiegate voi, per favoje, che io mi sto molto ingazzando."
"Sì dottore, non si preoccupi, sistemiamo tutto."

Clic.

Proprio in quel momento uscii dalla cucina leccandomi i baffi. Il grande gioco li aveva conquistati tutti come al solito, ed erano così concentrati a discutere le nuove mosse che si dimenticarono di mangiare. Mi ritirai sulla mia poltrona preferita e sognai la Sardegna.

sabato 14 febbraio 2009

Divieto di intercettazioni e dovere di cronaca

Adesso che le intercettazioni non si faranno più, mi sento improvvisamente addosso tutta la responsabilità di essere rimasto l'unica fonte diretta di ciò che si dice e si fa presso la mia host family e il suo maschio alfa. D'ora in poi dovrò darmi da fare affinché la generosità del mio coinquilino venga debitamente divulgata e riconosciuta, perché in futuro non ci saranno più stralci di conversazioni sui giornali a testimoniarla. Quelle storiche telefonate in cui egli esprimeva al meglio il suo mecenatismo verso talentate giovani ragazze alla ricerca di una sistemazione stabile, così come la sua premura nell'aiutare anziani senatori della parte avversa a realizzare sogni di gioventù, rimarranno solo un cimelio dei tempi che furono. La sua stoica solidarietà verso vecchi amici consegnati da inchieste giudiziarie alla scomunica pubblica e le sue affannose lotte per riabilitarli resteranno d'ora innanzi intrappolate dentro gelide fibre ottiche, metri e metri sotto terra. Si perderà traccia perfino della nobiltà d'animo con cui a volte ha ridimensionato attentati dinamitardi ai suoi danni, pur di ripagare il debito d'affetto verso antichi sodali.

Perdute andranno telefonate toccanti quanto quella che riporto sotto, in cui si è rinsaldata l'amicizia, data per morta prima ancora che potesse nascere, fra il mio compagno e Barack Obama. A indurre il mio balio a chiamare il presidente americano è stata la pubblicità che Veltroni ha fatto dei ringraziamenti ricevuti da Obama per gli auguri inviatigli due mesi prima: li ha sbandierati su tutti i giornali, lasciando intendere che fra lui e Barack ci sia più di una semplice amicizia. In effetti sembra che Stalking Walter abbia cambiato l'oggetto delle sue attenzioni: da un po' di tempo non lo vediamo più sotto casa e non ci tormenta più col telefono, mentre i suoi commenti sul mio amico si sono fatti quasi ostili. Il mio coinquilino allora ha voluto chiamare subito Mr. President, innazitutto per chiarire che qui è lui il capo, oltreché il più filoamericano; in secondo luogo per metterlo in guardia contro le persecuzioni dialogatorie di Walter. Il colloquio è andato benone, come riportato con qualche licenza narrativa dai quotidiani. Ecco di seguito il testo originale.

- Presidente, Obama è in linea.
- Dear friend...
(musichetta)
- Ah, la musica. Bella, americana.
(un minuto di musichetta dopo)
- Good morning sir, Berlascounee, we have to apologize, sir. Mr. President was urgently required at a conference call on the global economic crisis with the President of France and the Chancellor of Germany. Could you please call back tomorrow between 15:00 and 15:04 ET?
- Hey Obamaaaa! Mai frend! Very abbronzato afeter Hawai. It was ajoke esagereted by sinistra do you know. But I think you are a nice man, young ando not to black, only brown like us when go to Sardegna and...
- Sir, I'm sorry to interrupt you but I have to join Mr. President right now. Have a good day sir.
(musichetta)
- Obama? Oba.. ma è saltata la linea?
(un minuto di musichetta dopo)
- Hello, who's on the line?
- Obamaaa! Mai frend, the line is jumped and I told you when we go to Sardegna and become brown the women are very happy and look us with sweet eyes and...
- Sir, how can I help you? Whom would you like to speak to?
- Yes I wanto speak! I want to speak that Veltroni is a stalking guy you dont know, is dangeros...
- Sir, I am not sure I know this Mr. Mentrony. Please hold the line, I give you the reception.
(musichetta)
- You... ma è saltata ancora la linea? Ma non è possibile! Io devo lavorare che cavolo! Poi c'è il mito che in America funziona tutto. Ma io gli mando Tronchetti che gli sistema tutti i telefoni...
- Can I help you sir?
- Obama! The line jumps always.
- Who are you sir?
- I am fine! And you?
- Hello Mr. Fein, I am the receptionist. Who would you like to talk to?
- Yes, I like to talk that Veltroni...
- Ventroni, let me check...
- ...he wants to be American, of the Kansas City ahò, he watched to much Sordi you know: "Maccarone, tu m'hai provocato, mo' me te magno". Ah! ah!
- I see, you want to talk with the cook, Mr. Moriconi. Please hold the line.
(musichetta)
- Eh no adesso basta! Io non ho mica tempo da perdere! Tra poco mi arriva qui la ministra delle pari opportunità...
- Hello?
- Obama, your telephone jumps. My frend, I send you a frend Tronchetti Provera, he has a beautiful woman and can fix your telephone.
- Ma lei è... Berlusconi?
- Yes! Sì! Oui! Parlare italiano?
- Solo un poco...
- Bravo! Dove avere imparare? Grande Obama!
- Mia nonna di Kenia insegnato.
- Eh, si vede proprio che il Kenia era una nostra colonia, si impara ancora l'italiano.
- Italia grande paese. Tutti volere imparare italiano. Andare in Italia per lavoro.
- Eh sì, però ci vuole anche moderazione, non possiamo accogliere tutti. Poi i leghisti rompono...
- Leghisti razza padana, no abbronzati, no buoni buana
- Sì, lo so, sono dei mortadelloni bianchicci che vanno a prendere il sole sul Po, mica come noi due!
- Tu grande buana, tante televisioni, molto potente
- Sì, è vero, grazie. Le televisioni mi servono per difendere il popolo dalle balle della sinistra.
- Tu con bandana, abbronzato, bello buana
- Ah, Ah! Sì! Sei spiritoso! E dire che qui in Italia avevano montato su tutto un casino per quella battuta. Vedo che hai il mio stesso senso dell'umorismo!
- Vorrei chiedere favore, se possibile.
- Ma certo! Farò tutto ciò che posso per rafforzare i legami fra i nostri Paesi!
- C'è mio lontano parente a Avellino. Suo nome è Gennaro Moriconi. È cuoco. Puoi assumere lui?
- Ma certo! Consideralo già fatto! Qui al Parlamento c'è sempre bisogno di bravi cuochi.
- Tu molto buono buana. Noi fare molte cose belle per mondo. Noi diventare molto amici.
- Mi fà piacere sentirlo! Sai, avevo letto di te e Veltroni...
- Veltroni non è amico. Non è abbronzato. Noi abbronzati. Noi amici.
- Parole sante! Dall'aspetto puoi riconoscere gli amici. Chi può essere amico di un tipo così lattiginoso?
- Adesso devo andare, ricordati di Gennaro per favore.
- Agli ordini!
- Bye bye asshole.
- Bye bye! Grande Obama!

lunedì 9 febbraio 2009

Di silenzi spezzati

Nel suo commento all'ultimo post, Tigrella ci ha toccato con il suo ricordo "dal basso" della città eterna, e del passaggio quotidiano dalla chiassosità dei turisti al silenzio notturno. È un silenzio che ora avvolge tutto il Paese gattone. Fra gli ultimi strepiti di pagliacci e sciacalli, una donna è riuscita a salpare dall'isola sanitaria dei famosi e a uscire dalla casa di cura del Grande Fratello in cui era finita, ritrovando il sorriso e abbandonando tutti gli spettatori alla loro vita di sempre. "In case I don't see ya: good afternoon, good evening and good night". Buon viaggio da parte di tutti i felini, spirito libero.

Sono stati giorni di chiasso. L'afasia raccomandata a suo tempo al mio coinquilino sulla spinosa questione di vita o di morte che ha appassionato il Paese non è durata a lungo. D'altra parte Telesina non ha la costanza di una suora misericordina nello stargli accanto, e il mio compagno non è una comparsa ma un vero protagonista che non può reprimere per troppo tempo l'istinto di diramare se stesso a reti unificate. Inoltre qualche tempo fa prese lezioni di neurologia per corrispondenza, specializzandosi sulla fertilità dei soggetti in coma vegetativo, e si è sentito in dovere di rilasciare una chiarificazione scientifica.

Ma le ragioni decisive per la rottura del silenzio sono altre e molteplici. Innanzitutto c'è stata la pressione delle gerarchie vaticane, insostenibile per un uomo che ha affidato per via testamentaria al suo avvocato di fiducia la volontà di essere canonizzato e che da quindici anni si prodiga senza sosta a dimostrare di saper fare miracoli. Il presidente della CEI, il pontefice e infine il suo agiografo nonché confessore personale lo hanno marcato stretto affinché egli santificasse per decreto il valore della vita. In particolare il presidente della sacra romana Lombardia si è presentato giorni fa con una copia fedele della corona ferrea in una mano e un cilicio nell'altra, e con voce tonante e la erre moscia gli ha intimato: "Visolviti e scegli, o anima impuva!". Lui come era successo altre volte in passato ha scelto la corona, e con l'onore anche l'onere che essa comporta.

Quanto alla seconda ragione che lo ha convinto a esternare, qui è il caso di dire cherchez la femme. Protagonista della moral suasion è stata infatti un'infermiera, inviatagli dal ministro della sanità affinché con dedizione materna lo iniziasse all'arte della sua professione, basata su un apocrifo giuramento di Aspasia, che prescrive amore disinteressato e appassionata solidarietà per i tutti i malati. Per aumentare la sua concentrazione durante la lezione paramedica, il mio amico ha trangugiato le pillole blu che usa quando viene a trovarlo la ministra con lo sguardo da strigiforme, ma non ne restavano più di una dozzina. Ha allora integrato le rimanenti pasticche con altre rosse, si è mangiato due stringhe di liquirizia e infine si è inalato una polverina bianca nel naso: subito lo ha assalito un'inaudito desiderio di conoscenza. Dopo due ore di seminario si era ormai talmente convinto della bontà del giuramento di Aspasia, di quello di Ippocrate e di quello del ministro (di rimandargli periodicamente l'infermiera per un ripasso), che avrebbe firmato e controfirmato da solo il decreto sulla vita seduta stante.

A proposito del suddetto ministro, è nata nella cat chat una discussione intorno a un'ipotesi agghiacciante sulle ragioni della sua fanatica crociata contro l'eutanasia. A lanciarla è stata un certo Diaboliqus, che preferisce celarsi dietro un anonimo avatar anziché rivelare il suo vero muso. Molti sono convinti che si tratti di un infiltrato umano e per questo ne hanno già chiesto l'espulsione dalla chat. A sollevare dubbi sono i pensieri tremendi di cui è capace, che non sembrano parto di cervello felino. Orbene Diaboliqus ha fatto notare che i malati terminali, quando non gli è riconosciuto per legge il diritto alla dolce morte, diventano più inclini ad accettare l'assunzione di medicinali sperimentali. Addirittura negli Stati Uniti la somministrazione di tali medicamenti, non ancora provati sull'uomo, può essere eseguita anche senza il consenso del paziente. Se poi il paziente versa in coma o in uno stato vegetativo permanente, la situazione si semplifica del tutto, in quanto in quel caso ci si rifà direttamente al principio del silenzio-assenso. Questi poveri malati all'ultima spiaggia si trasformano quindi in perfette cavie umane, senza diritti né coscienza: una risorsa inestimabile per l'industria farmaceutica. "Ebbene, che c'entra il ministro in tutto questo?", hanno chiesto in coro i gatti a Diaboliqus. "Niente", ha risposto lui freddamente, "ma sua moglie forse sì: è direttore generale di Farmindustria".

Ma lasciamo perdere le fantasie perverse di un umano che ama mascherarsi da gatto, e torniamo a tre giorni fa quando il mio amico smise di tacere e scrisse una pagina di storia italiana. Ha infatti causato molto rumore la sua iniziativa di varare un decreto legge per cassare una sentenza della Cassazione: una mossa palesemente anticostituzionale. E con ciò? Perché tutte queste proteste, queste vesti stracciate? Sarà forse la prima volta che succede? Il mio compagno stava semplicemente continuando il gioco che ha iniziato dal primo giorno della legislatura con i suoi amici: il Capo dello Stato, il vicepresidente del CSM, il presidente della Corte Costituzionale e quello dell'Associazione Nazionale Magistrati. Si chiama Trivial Constitution ed è una serie di quiz sulla Costituzione italiana, da sottoporre ai suoi garanti in forma di manovre eversive create ad arte dal premier. Se il garante di turno si accorge dell'anticostituzionalità delle manovre e solleva obiezioni, può avanzare di una casella nel gioco, altrimenti salta il giro e paga la posta. Il Presidente della Repubblica venerdì era molto contento per aver conquistato il suo primo punto. Dopo i mancati interventi sul lodo Alfano e l'iniziativa disciplinare contro i magistrati di Salerno era rimasto ancora piantato sulla casella di partenza, ma ora è passato nettamente in testa al gioco.

mercoledì 4 febbraio 2009

Della vita, della morte, del sottile confine fra di esse e di dichiarazioni mancate

Gli umani italiani (o quantomeno i loro giornali) seguono in queste ore con apprensione, minuto per minuto, gli sviluppi di un evento prevedibile ma pur sempre tragico: la morte di un esemplare femmina della loro specie. Quello che a noi gatti sembra più che naturale, come la sofferenza e la morte, è divenuto, nel corso dell'evoluzione umana dall'Australopithecus all'attuale versione vastamente spellicciata, qualcosa che non finisce di sorprenderli.

Credo che questo sia un effetto collaterale del distacco che l'uomo ha operato dalla natura e dalla necessità di provvedere a se stesso e al suo gruppo usando le facoltà del corpo come l'agilità, il fiuto, la vista, l'udito, la prontezza di riflessi e l'istinto. Un essere umano di circa ottant'anni di solito ha difficoltà a muoversi, ci sente e vede poco, è lento di riflessi e disorientato. Eppure non ha problemi a procacciarsi cibo in abbondanza, se è armato di una carta di credito e riesce almeno a scendere nella riserva di caccia sotto casa, che chiama supermercato. È dunque comprensibile che un tale individuo arrivi a sottovalutare e anche a ignorare il decadimento del proprio corpo. La morte finisce allora per coglierlo di sorpresa.

Per noi gatti è diverso. È vero che molti di noi sono viziati più di tanti esseri umani, ma non per questo diamo nulla per scontato. Certo mangiamo dalla scodella che ci porge la mano umana, ma non escludiamo mai la possibilità di poterci trovare da un giorno all'altro per strada a far compagnia a tanti nostri simili che se la cavano dignitosamente anche da soli. D'altra parte gli esseri umani sono così imprevedibili che non abbiamo altra scelta. Stiamo pertanto sempre attenti alle nostre facoltà, le mettiamo continuamente alla prova col gioco e, se ne abbiamo la fortuna, anche con escursioni notturne nel verde vicino a casa. Invecchiando ci rendiamo conto di andarcene gradualmente. Accettiamo che la morte incominci ad accompagnarci molto prima del momento in cui cessiamo di respirare. Un gatto conscio di non avere più la capacità di badare a se stesso e di essere ormai completamente dipendente dai suoi coinquilini eretti, si considera già morto.

Per gli esseri umani è tutt'altro che così. Essi si affannano a dibattere sulle definizioni della morte, all'inseguimento dell'esatto istante in cui si consumerebbe questo illusorio passaggio. A volte si fanno prendere dal panico per l'eventualità che cessi la propria esistenza e non si accorgono di essere già più morti che vivi. Ma così sono loro: per ogni cosa hanno bisogno di istruzioni per l'uso, poste nero su bianco, e tutto quello che non è coperto da esse non esiste, così come la voce della loro pancia.

Uno dei compiti più importanti che assegnano alla loro tecnologia è quello di spostare il più avanti possibile l'istante del passaggio, con ogni mezzo e ad ogni costo. Ma così facendo, la differenza fra vita, non-vita e morte nel loro immaginario si è assottigliata col tempo sempre di più, e la ricerca del confine fra vita e morte è diventata un puzzle per accademici. Anticamente era il corpo a segnare il confine, in modo indiscutibile. Quando il cuore smetteva di battere, il corpo veniva sepolto. Ma oggi l'uomo è in grado di tenere in vita i suoi simili montandogli nel petto un cuore di plastica. Un tempo il respiro indicava la presenza di vita. Oggi il respiro può essere forzato con una macchina chiamata polmone d'acciaio. Il nuovo confine si è spostato dal cuore e dal respiro al cervello: dopo centinaia d'anni di sforzo intellettuale, quest'organo è arrivato alla conclusione di essere lui il vero centro. Almeno fino al momento in cui l'uomo con la sua tecnologia non sarà in grado di dotarsi anche di un cervello artificiale.

La poverina che è inconsapevolmente caduta sotto l'attenzione dell'intero paese, che ora litiga fra chi la dichiara ancora viva e quelli che la ritengono già morta, giace da diciassette anni in un letto senza interagire per nulla con il mondo circostante. Viene nutrita e dissetata con dei tubicini. Il suo cuore batte, il suo corpo respira. Se fosse una gatta, il suo cuore e il suo respiro riposerebbero da diciassette anni. Ma è una donna, e l'ossessione dei suoi simili per il fantomatico istante del passaggio di confine la condanna a continuare a respirare in un letto non suo, con i tubicini che le entrano nel corpo e una nazione che parla di lei alle sue spalle, e che ne interpreta desideri, pensieri e speranze senza averla mai conosciuta.

È curioso osservare come per coerenza col suo delirio antropocentrico l'uomo abbia finito per negarsi dei privilegi che concede con disinvoltura a noi animali. Se io dovessi finire mai nello stato della povera Eluana, o mi venisse diagnosticato un male incurabile, potrei contare sull'aiuto del veterinario per cessare di vivere in tempo, risparmiandomi sofferenze inutili e un ultimo scorcio di vita solo apparente.

Ci sono poi molti esseri umani che non solo ignorano i segni della vecchiaia, ma cercano addirittura di annullarli con interventi tecnologici sul proprio corpo. Così facendo non ritardano di un minuto la loro ultima ora, ma a volte riescono almeno ad allontanarne il pensiero, dalla loro mente e da quella dei loro simili. È risaputo che il mio coinquilino faccia parte di questa categoria di persone; egli d'altra parte non ne fà mistero. Si è fatto tirare la pelle della faccia per cancellare le rughe. E si è fatto incollare sul suo cranio spellicciato un vello sintetico simile al velluto del divano del nostro soggiorno. Ma quando il mio pensiero passa soffiando lungo i meandri intricati del suo cervello per fargli assolvere questo o quel compito al mio posto, io vedo ovunque una vecchiaia che ha già il colore della morte.

Ma lui di questo non si accorge. È uno abituato a possedere molto di ciò che desidera e a controllare tutto ciò che possiede, e si è dimenticato che non si può controllare ciò che non si possiede. E "la vita non è data in proprietà a nessuno, bensì in usufrutto a tutti". Per questo non c'è dubbio che anche a lui spetterà una grande sorpresa, quando verrà il momento.

Due giorni fa Telesina è passato di qui per preparare insieme al mio compagno un commento sul fatto del giorno. Con i giornali che non parlano d'altro e tante dichiarazioni sull'argomento quanti sono i politici, i medici, i religiosi e la gente di spettacolo del nostro Paese, sarebbe stato inopportuno che proprio il mio compagno non rilasciasse dichiarazioni. Telesina ha tentato un approccio a metà fra la maieutica e il teatro d'improvvisazione e gli ha chiesto un commento spontaneo. Abbiamo impiegato una decina di minuti per farlo entrare nel problema, Telesina spiegandogli in modo semplice il caso, io massaggiandogli telepaticamente i neuroni. Il suo primo commento è stato: "Se andassi io con Apicella a cantarle una serenata salterebbe subito in piedi dal letto. Aspetta che lo chiamo".

Telesina mi ha guardato con un sorriso a denti stretti (incomincio a pensare che sospetti qualcosa su di me), poi ha biascicato: "Bellissima battuta. Ma, lo capisci, non si può dire ai giornali. Sai che non hanno tutti il tuo senso dell'umorismo. Ti criticherebbero". "Perché parli di umorismo?", ha fatto lui corrucciato, "pensi stia scherzando?". "No, ma vedi", ha glissato il diplomatico, "perché non provi con una metafora calcistica? Di solito le tue vengono molto apprezzate". Il mio coinquilino ci ha pensato su un attimo, poi ha sparato: "Ci vuole un attacco a tre punte". È seguito un silenzio. "La regola del fuorigioco va riformata". Silenzio più lungo. "Più turnover... la panchina lunga... il rigore non c'era...".

"Ok", lo ha interrotto allora Telesina, "non male. E se provassi invece a fare una dichiarazione da padre? Cosa faresti, cosa diresti se una delle tue figlie si trovasse in quelle condizioni?". Non era ancora finita la frase che il mio compagno già aveva scatenato una raffica di imprecazioni in brianzolo mentre si infilava entrambe le mani dentro i pantaloni e ne massaggiava il contenuto vigorosamente. Quando è tornata la calma, Telesina ha concluso: "Sai cosa ti dico? Forse la cosa migliore sarebbe non dire niente. Tutti si aspettano un commento: tu sorprendili. Non dire niente, proprio niente. Nemmeno che è una questione privata e di coscienza personale. Taci e basta". E così è stato.