domenica 15 novembre 2009

Nel bunker

Ora viviamo nel bunker. È un vero contrappasso per il mio coinquilino, venerato chansonnier dell'italico stivale nonché miglior primo ministro della storia d'Italia nei ritagli di tempo, il fatto di essere costretto a non mettere più il naso fuori di casa, e ad abbandonare le belle compagnie e il lettone di Putin a Palazzo Grazioli per tapparsi dentro le spesse mura di quel Palazzo Chigi che ha sempre snobbato, ufficialmente perché esisterebbe il pericolo che qualche «isolato mitomane» gli metta le mani addosso. Lui allo specchio si ripete che si tratta solo delle fantasie allarmistiche dei servizi segreti, alle quali si conforma per ragioni di protocollo. "Chi potrebbe infatti volere male a quest'uomo tanto generoso?", si domanda ad alta voce dandosi del lei. Certo non le centinaia di imputati d'Italia per corruzione, concussione, truffa e lesioni aggravate che, grazie all'ultimo buco spazio-temporale di Ius Feratu, da un giorno all'altro si troveranno i processi futuri già prescritti da anni.

È questo l'enigma che da settimane lo tormenta: chi può avercela con lui e perché? Di favori è una vita che ne dispensa a tutti, sempre attento a non discriminare nessuno. I complottardi non possono certo annidarsi nella corte di anonimi satrapi che è arrivata in parlamento a ingrassarsi solo grazie al suo nome. Nemmeno quei suoi amici siciliani possono volergliene, vista la legge contro le intercettazioni e le riforme contro la giustizia che gli si sta confezionando appositamente. La Chiesa poi non può proprio lamentarsi: i fondi per le scuole private sono gli unici che le forbici della Finanziaria non taglierà; inoltre il mio balio ha chiuso con le orge a palazzo e quando gli viene una voglia irresistibile di usare la pompetta escogita un viaggio diplomatico nell'Europa dell'est (Polonia, Bulgaria, Russia). Persino l'opposizione non ha di che lamentarsi, visto il sostegno di cui il mio coinquilino sta omaggiando il suo vecchio compagno di giochi bicamerali, teso a fargli guadagnare l'ennesima poltrona di una lunga carriera spesa scientificamente al servizio di se stesso. Anzi, fra i due è di nuovo passione, come dimostra il dialogo qui sotto, propiziato dall'amorino Telesina. Certo Baffino non è la D'Addario, ma le pillole blu, si sa, fanno miracoli.



Resta l'enigma di chi stia tramando alle sue spalle, che neanche la visita all'ex-KGB Putin ha potuto chiarire. Certo il viaggio non è stato proprio superfluo: oltre a testare i marchingegni idraulici che gli vitalizzano le parti basse con due gemellone locali, tali Svetlana e Galina, vincitrici del premio Viagra 2009 sezione Urali, il mio convivente è pure tornato con le valigie piene di nuovi dossier sui comunisti italiani degli anni '50, una tipologia di documenti che in passato si è sempre dimostrata efficace nel convincere chi di dovere della costituzionalità di certi decreti. Ma sulla questione più urgente del nemico interno le spie russe non hanno aiutato, se si eccettua considerazioni fantapolitiche ispirate da una storia piena di rivoluzioni popolari, e hanno invitato a riflettere sui 250.000 che si sono iscritti al prossimo No Cav Day, alle 100.000 signore che hanno firmato l'appello "Non sono una donna a sua disposizione" su Repubblica, agli incazzati dell'Aquila e a qualche milione di disoccupati a casa. Fantapolitica, appunto.

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